venerdì 12 marzo 2010

Dedicated to Aisha Ibrahim Duhulow

Aisha Ibrahim Duhulow was killed on Monday, 27 October 2008, by a group of 50 men whostoned her to death in a stadium in the southern port of Kismayu, in front ofaround 1,000 spectators.
Shewas accused of adultery in breach of Islamic law but, her father and othersources told Amnesty International that she had in fact been raped by threemen, and had attempted to report this rape to the al-Shabab militia who controlKismayo, and it was this act that resulted in her being accused of adultery anddetained. None of men she accused of rape were arrested.

Aisha's journey

Fear creeps slowly, it hides itself,
it approaches a fragile young girl.
My journey begins this way, my end
...as an angel deprived of hope.
I rub my hands nervously,
among certainties of a dissolved humanity.
My legs are shaking, they hurl themselves,
they try to find a way among people staring.
Dust rises among the executioners
it quickly reaches the sky.
A rope tighten my wrists, then my ankles.
I cry out to the sky mercifully, to reason,
to the ground that devours me in the shadow.
Thirst of justice surrenders slowly.
I lose its warmth, its image becomes blurry.
I lose hear in my father's anger.
The breath runs out, agony germinates,
The heart beats in a weak body,
the child detaches herself from reality
and she still dreams in a thrill.
Aisha is reborn, she rouses, she smiles
...in the silence of a new life.


Somalia. Aveva solo 13 anni. Aisha Ibrahim Duhulow e’ stata uccisa lunedì 27 ottobre 2008 da un gruppo di 50 uomini che l’ha lapidata a morte. L’esecuzione e’ avvenuta all’interno di uno stadio della città meridionale di Chisimaio, di fronte a un migliaio di spettatori. Aisha era arrivata a Chisimaio tre mesi prima, proveniente dal campo profughi di Hagardeer, in Kenya. Nella città portuale somala, Aisha era stata stuprata da tre uomini e si era rivolta ai miliziani di “al Shabab”, che controllano la zona, per ottenere giustizia. La sua denuncia aveva ottenuto come risultato l’arresto, l’accusa di adulterio e la lapidazione. Nessuno dei tre stupratori è stato arrestato. Aisha è stata condotta sul luogo del supplizio a bordo di un furgone per poi essere massacrata. Ai presenti è stato detto che lei stessa aveva riconosciuto la propria colpa, e accettato il suo crudele destino: ma, al momento di essere trucidata, si è messa a urlare e a divincolarsi, mentre i carnefici la immobilizzavano legandole mani e piedi. A quel punto un congiunto le è corso incontro, tentando di aiutarla, ma gli integralisti di guardia hanno aperto il fuoco per fermarlo, e hanno ucciso un bambino. La ragazza è stata interrata e i 50 uomini addetti all’esecuzione hanno iniziato a colpirla, usando le pietre appena scaricate da un camion. A un certo punto, è stato chiesto ad alcune infermiere di verificare se la ragazza fosse ancora viva; fatto ciò, la lapidazione è ripresa fino alla morte della ragazza.

Il viaggio di Aisha

La paura striscia lentamente, si cela
accostata ad un adolescente fragile.
Così inizia il mio viaggio, la mia fine
... da angelo spoglio di speranze.
Le mani si sfregano nervosamente
tra le certezze di un’umanità dissolta.
Le gambe tremano, si scagliano,
inseguono un varco tra gli sguardi.
La polvere si rialza tra i carnefici
e raggiunge in fretta il cielo.
Una corda stringe i polsi, poi le caviglie.
Urlo la pietà al vento, alla ragione,
al terreno che mi divora nell’ombra.
Cede lentamente la sete di giustizia.
Ne perdo il calore, l’immagine è sfocata.
Nella rabbia di mio padre … mi accascio.
Manca il respiro, l’agonia germoglia,
il cuore batte in un corpo debole,
la bimba si allontana dalla realtà
e sogna ancora nel fremito.
Aisha è rinata, si risveglia, sorride
... nel silenzio di una nuova vita.

Selezione Editoriale “Il Suono del Silenzio 2009”

sabato 6 marzo 2010

Dedicated to Du'a Khalil Aswad

Wikipedia - Du’a Khalil Aswad was a 17-year-old Iraqi Kurd of the Yazidi faith who was stoned to death in an honor killing. It is believed that she was killed around April 7, 2007, but the incident did not come to light until video of the stoning, apparently recorded on a mobile phone, appeared on the Internet. The rumor that the stoning was connected to her alleged conversion to Islam prompted heavy reprisals against Yazidis by Sunni extremists, including the 2007 Mosul massacre.

Du'a

They whisper some words on the other side of the wall,
her hands shake for a sacrificed love
and behind a door, hidden, suffering originates.
The crowd drags her under the spotlights,
her hair is loose on her shoulders,
and her face looks stunned, at the mercy of a foolish reason.
Like a doll she gets thrown to the ground,
her face tortured by rage
and in the shadow a silent woman…observes.
Under her dark dress, her heart loses reason
and time slowly leads to the same fate.
The tiring breath, a lying body,
the wish to rise again, the voices, the rage
…a punch in the face, it is agony.
The doll returns to lie.
There is rage in the blood that flows slowly,
obedience is stained by this corroded love,
a jacket is thrown to cover the shame
for a rebel girl, a girl to punish.
On her skin there is dust , the rags
and her head is without a face, without memories.
The screams in her weak breath thunder out deafening
And they keep on hitting through her bloody locks.
Her fingers stop, they cannot defend her anymore,
They lose heart among the unmoved audience’s glances.
Life remains weak under the invisible eyes
on the bloody street in Bashika.
Someone checks again,
Du'a lies, still warm
Her heart has already stopped beating.

Du'a

Bisbigliano le parole oltre le mura,
le mani tremano di un amore immolato
e dietro ad una porta, nascosta, nasce la pena.
La folla trascina sotto i riflettori,
i capelli sono sciolti sulle spalle
ed il viso perso, in balia di una ragione stolta.
Una bambola scagliata sul terreno,
il viso martoriato dalla rabbia
e nell’ombra una donna silenziosa … che osserva.
Sotto l’abito scuro il suo cuore perde la ragione
ed il tempo conduce lento verso lo stesso fato.
Il respiro faticoso, un corpo disteso,
il desiderio di rialzarsi, le voci, la rabbia
… un pugno in volto, l’agonia.
La bambola torna ancora a giacere.
C’è rabbia nel sangue che scorre lentamente,
l’obbedienza macchiata nell’amore corroso,
una giacca gettata sulla vergogna
per una fanciulla ribelle, da castigare.
Sulla pelle la polvere, i brandelli
ed il capo senza volto, senza ricordi.
Le urla nel respiro esile tuonano assordanti
e continuano a colpire tra le ciocche insanguinate.
Le dita si fermano, non difendono più,
si accasciano tra sguardi di sordi spettatori.
Resta leggera la vita sotto gli occhi invisibili
sulla strada macchiata di sangue a Bashika.
Qualcuno controlla ancora,
Du'a giace calda,
il cuore ha già smesso di battere.

Selezione antologia III Edizione 2009 Premio Nazionale di Poesia e Narrativa “Alberoandronico”

domenica 21 febbraio 2010

Dedicated to Falluja (Iraq)

Falluja è una città a circa 69 km ad ovest di Baghdad, in Iraq. Nel 2003 è stata coinvolta nella seconda guerra del golfo. Contava una popolazione di circa 350.000 abitanti. Alla fine del conflitto, secondo quanto stimato nel 2006, la popolazione totale era di 200.000 abitanti. Nell'Iraq era conosciuta come la “città delle moschee”. Ne aveva oltre 200 tra la città e i villaggi circostanti. Dopo la guerra circa il 60% degli edifici è stata danneggiata, di cui il 20% totalmente distrutti, incluse 60 delle moschee della città. Falluja è una città martoriata, dove restano le ombre di molte vite spezzate. È il simbolo di un'altra guerra fatta di disperazione, di rabbia, di innocenza.

Falluja
Le mura cadono, tra me e l’asfalto fatto di paura,
un uomo urla, tra i fucili che gli attraversano il petto,
la disperazione cresce, tra la rabbia e l’innocenza
Nelle braccia gli occhi spenti di mio figlio,
le sue piccole mani che cercano il mio viso,
le ferite che straziano l’amore di una madre,
… lo perdo, avvolto nel calore del mio petto
mentre il cuore si ferma, nell’ultimo respiro che lo lega a me.
Il silenzio è inferno con le luci del tramonto,
il respiro è dolore nel vedere ancora.
Urlo … alzando le mani al cielo, verso un Dio che non vedrò,
sopravvivo … a l’odio nelle briciole di vita che mi restano,
la forza cede … tra gli aerei in volo sul nulla
nella città che ha smesso di vessare.
Resto sola, nella notte illuminata dalle bombe,
resto viva, tra il sangue di chi mi ha amato,
resto calma, perché la morte mi raggiunga in fretta.
Gli occhi sono spenti mentre ascolto i passi ...
si avvicinano, mi circondano, mi afferrano ...
... è l'illusione prima del dolore,
... prima di capire,
... prima di morire.

Primo Premio 2° Concorso Letterario Nazionale di Poesia, Narrativa e Tesi di Laurea Città di Ginosa (31/10/2006)

venerdì 5 febbraio 2010

Trabalho dedicado às meninas que são vítimas de prostituição infantil em Belém, Brasil

L’angelo di Belém

Mani sudice tra le gambe,
lenzuola umide di sudore,
"chiamami papà" nel respiro affannato
dell'ennesimo uomo disteso su di lei.
Lei, bimba di periferia,
angelo, tra le bambole di pezza,
schiava, del prezzo di una vita.
Nella stanza un vecchio comodino,
il suo viso riflesso in uno specchio
e il desiderio di continuare a vivere
nel giorno che una donna resta bimba.
Un coniglio bianco insegue i suoi sogni,
il futuro nascosto dietro la porta di un motel,
l’indifferenza che viola la sua innocenza,
prende a calci i desideri che custodisce.
Si ferma la notte,
tra gemiti di realtà e compassione,
resti e sei solo un angelo,
nel piccolo borgo di Belém.

Selezione Editoriale “Il Suono del Silenzio 2006”

domenica 31 gennaio 2010

Dedicated to the former detainees at Abu Ghraib prison

Le sbarre di Abu Ghraib

“Non esiste divinità all’infuori di Allah”
replica la mente perseguitata oltre le sbarre
al figlio di un Dio minore, di un Dio interrotto.
Attorno al collo la dignità di un uomo soffoca,
si stringe come un cucciolo in pasto alla pazzia.
Una donna compiaciuta sorride …
ha trovato il suo nuovo animale da passeggio.
Nessuna Salāt, nessuna preghiera per il corpo impuro.
Le mani, il volto, la testa giacciono dietro le mura
nel tanfo di un’anima torbida, lontana dal profeta.
Le braccia tese, il volto coperto, i fili sospesi
tra le scariche, la tensione e le mani nude,
disperate, mentre il sangue scivola sull’altare,
un altare fatto di cartone … sudicio, spoglio.
Un groviglio di corpi nudi, le paure senza volti,
morire e poi rinascere ancora
… in una nuova notte ad Abu Ghraib.
Il giocattolo in una stanza resta accovacciato,
le dita scorrono sul pavimento gelido,
il calore si disperde nella nudità di un giorno,
la pelle impura mostra le lacerazioni
e i segni indelebili nella prigione degli orrori.
L’alba torna su Baghdad,
le sbarre si spalancano,
trascinano il mio corpo
e il giocattolo torna ancora alla parete
nel silenzio di infinite anime vuote.

- Selezione Editoriale “Il Suono del Silenzio 2008”
- Selezione antologia II Edizione 2008 Premio Nazionale di Poesia e Narrativa “Alberoandronico” (13/03/2009)

giovedì 21 gennaio 2010

Dedicated to Abeer Qassim Hamza al-Janabi

Wikipedia - The Mahmudiyah killings and gang-rape of a 14-year-old girl by U.S. troops occurred on March 12, 2006, in a house to the southwest of Yusufiyah, a village to the west of the town of Al-Mahmudiyah, Iraq. Five United States Army soldiers of the 502nd Infantry Regiment were charged with the crimes: Sgt. Paul E. Cortez, Spc. James P. Barker, Pfc. Jesse V. Spielman, Pfc. Brian L. Howard and Pfc. Steven D. Green (whom the army discharged before the crime's discovery). Abeer Qasim Hamza, 14, was raped and murdered, after her family was murdered: her mother, Fakhriyah Taha Muhsin, 34; father, Qasim Hamza Raheem, 45; and six-year-old sister Hadeel Qasim Hamza. As of September 2009, Spielman and Green have been convicted and three others have pled guilty.

For Abeer

Fables are dip into dust,
by violence that waste diaries
A porcelein doll fall down
and a foot stomp the dignity, the ingenuity, the hope.
The door opens with anger
and I feel your fear on my skin.
Your silence screams start to touch,
the tears drain away into the pain
and the violence consumes, oxidize the spirit.
Out the quiet, betwen the walls and the hell.
The whisky smell on the clothes, in the sighs.
Feel the filthy sex's smell,
the legs are tired...opened and trembled,
outraged by a unknown pleasure.
The air overtops bodies without life,
enter undisturbed, circled the madness
and don't stop to persecute, to search.
Remain the silence...on that bed that pick up a body.
The curious hands goes away,
the eyes are open wide on the ceiling are exthingued,
in the order the smell sharp of their skins
and a weapon aimed against your face.
The shoot...
the silence...
the flames...
In Mahmoudiya we can't breathe no more
we can't sleep no more,
we can't live no more.

Per Abeer

Le favole sono sommerse dalla polvere,
dalla violenza che consuma i diari.
Una bambola di porcellana precipita
ed un piede ne calpesta la dignità, l’ingenuità, la speranza.
La porta si spalanca con rabbia
e sento la tua paura sulla mia pelle.
Iniziano a toccare tre le urla silenziose,
le lacrime si prosciugano nel dolore
e la violenza consuma, corrode lo spirito.
Fuori la calma, tra le mura l’inferno.
L’odore di whisky sui vestiti, nei sospiri.
Senti il sudicio odore del sesso,
le gambe sono stanche … aperte e tremanti,
seviziate da un piacere sconosciuto.
L’aria sovrasta corpi senza vita,
entra indisturbata, circonda la follia
e non smette di tormentare, di cercare.
Resta il silenzio … su quel letto che raccoglie un corpo.
Le mani curiose si allontanano,
gli occhi spalancati sul soffitto sono spenti,
nell’intimo l’odore pungente della loro pelle
e un’arma puntata contro il tuo viso.
Lo sparo …
il silenzio …
le fiamme …
A Mahmoudiya non si respira più,
non si dorme più,
non si vive più.

Secondo Premio IV Edizione Concorso Nazionale Letterario “Domenico Indellicati” “Echi e Sospiri d’Amore in Valle D’Itria” (11/05/2008)